Il dizionario alla voce “muro” recita così: struttura muraria verticale, con funzione portante o divisoria. Il muro quindi come elemento di separazione. Da una parte, al di qua, ci siamo noi e dall’altra un al di là che percepiamo esistere come irraggiungibile, come ignoto, come diverso da noi.
E l’immagine, l’idea metaforica che esso evoca ha ispirato tanta parte della letteratura. Il muro come confine metaforico fra il qui e un oltre cui l’uomo tende, ma che non sempre raggiunge; il muro come metafora del limite umano che spesso si frappone alla costruzioni dei rapporti interpersonali. Penso a Montale alla lirica introduttiva di Ossi di Seppia (In limine), penso all’Infinito di Leopardi e alla sua siepe “che da tante parte dell’orizzonte il guardo esclude”.
Poi ci sono i muri reali, fisici. Quello più famoso di Berlino abbattuto nel 1989 o quelli che si stanno erigendo o ampliando, come nel caso nel muro di Donald Trump, o anche delle prigioni di Santiago del Cile o La Paz in Bolivia.
E infine, ci sono le nostre mura domestiche, riscoperte in questo periodo di pandemia e che ci hanno ispirato nuove forme di comunicazione. E proprio parlando della necessità di comunicazione fisiologicamente innervata nella natura stessa dell’uomo, vi introduco all’albo di cui sto per parlarvi.
Oltre il muro
di Benianimo Sidoti, Illustratrice Marianna Balducci, Terra Nuova Edizioni 2020 – Età di lettura consigliata dai 3 anni
In via del Mirto c’era un alto muro e dietro il muto, chissà. Quando il tempo era bello, dietro il muro cantavano o forse giocavano. Ma che sentissimo rumore di pallone, però.
Due gruppi di ragazzi e un muro che divide le rispettive vite. Non si conoscono, ma percepiscono l’esistenza gli uni degli altri. Allora i bambini al di qua del muro cominciano a interrogarsi, a chiedersi come saranno quei bambini e soprattutto…cosa penseranno di loro? Così in maniera del tutto naturale nasce in loro l’esigenza di farsi vedere “in qualche modo”. Emerge in loro l’esigenza di trovare un canale di comunicazione con i bambini al di là del muro.
E allora provano a superare il muro con i cappelli, con gli aquiloni, con una corda. Provano a superare il muro nel modo più naturale in cui può farlo un bambino: giocando. Anche i bambini al di là del muro si pongono le medesime domande e quando quel giorno videro i cappelli superare la soglia del muro, beh…semplicemente decisero di farlo anche loro.
E quando alla fine ogni mezzo utilizzato per comunicare non non sarà più sufficiente, ecco che…
Allora iniziammo a scrivere su quegli aeroplanini, e su quella carta. A scambiarci parole e storie.
Cominciò tutto così.
Abbattiamo i muri
L’albo illustrato è l’incontro di due lingue e di due modi di raccontare. Il testo scritto e l’illustrazione. E in questo albo la penna di Beniamino Sidoti e la matita di Marianna Balducci si integrano arricchendosi a vicenda.
L’albo presenta sin nella sua forma grafica una particolarità. Si legge, si sfoglia in verticale. E allora il muro, rappresentato da un foglio di carta stropicciato (unico elemento fotografico), diventa oggetto scenico. Il muro scorre da un pagina all’altra in senso verticale e orizzontale e diventa più o meno protagonista a seconda dell’inquadratura.
La separazione e la differenza tra i due gruppi di bambini viene rappresentata graficamente attraverso l’uso di colori differenti. Quando parlano i bambini di Via del Mirto lo sfondo è bianco, quando l’inquadratura si sposta al di là del muro lo sfondo si fa nero e cambia anche il colore della font che diventa viola, come il colore della pelle di quei bambini. E alla domanda sul perché la scelta è ricaduta su quei colori, Marianna in una intervista risponde:
“Lavorare con pochi colori è un po’ il mio mondo, sono una illustratrice più di segno. L’idea era di accentuare sin da subito questa doppia prospettiva, differenziare le due parti del muro, nero e bianco, non perché poi abbiano delle connotazioni negative e positive, ma perché semplicemente le due cose coesistono, ma in funzione l’una dell’altra e quindi… perché dividerle?!? Invece, l’idea di fare i bambini con le pelle viola nasce dall’idea di tirare fuori questa differenza senza intervenire sulla fisionomia dei personaggi, volevo che i bambini potessero riconoscersi nei bambini da una parte e dall’altra del muro, non volevo dare una connotazione etnica specifica, volevo che le cose fossero più aperte possibili“.
Un bellissimo albo illustrato sia sul piano figurativo sia su quello progettuale e narrativo. Una storia emozionante che rivela come la curiosità e la necessità di comunicare siano innate e connaturate all’essere bambini a prescindere che si trovino al di là o al di qua del muro. Una storia che ci insegna come un muro nato per dividere (non solo da un punto di vista semantico!) possa poi diventare luogo di unione e comunione di intenti. Talvolta è sufficiente cambiare il punto di osservazione, aprire la mente e lasciare da parte vecchi schemi mentali. Proprio come fanno i bambini. L’explicit della storia poi è potentissimo. Il muro si sfalda, ma non rappresenta la fine ma l’inizio di una nuova storia.
Nell’albo ritroviamo due idee diverse di infanzia ma anche di scuola.
Da una parte il mondo di una infanzia, di una scuola dove tutto è organizzato, ordinato. Dove ti danno tutto, ma non il mondo.
Sentivamo i bambini giocare dall’altra parte del muro. Sicuramente noi avevamo giochi più belli. Però loro potevano giocare con il mondo. Noi no.
Una scuola, come dice lo stesso Beniamino Sidoti, in cui tutto è ovattato, dove è tutto morbido, dove ai bambini non è consentito di sporcarsi e di farsi anche male. Certo, una riflessione importante, condivisibile, che meriterebbe luoghi e momenti ben più ampi per poterne dibattere a lungo.
Infine, notazione a parte meritano i due personaggi comprimari della storia. I due uccellini, uno bianco e uno nero, che rappresentano una prospettiva laterale rispetto alla storia. Gli uccellini volano e possano oltrepassare il muro, iniziando così una storia parallela che li condurrà a stringere amicizia, indizio anticipatore del finale.
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