Semplicemente Maria: una vita senza etichette verso il progetto di vita

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Il romanzo di cui sto per parlarvi è stato pubblicato quest’anno dai tipi di Uovonero nella collana I Geodi, nella traduzione di Sante Bandirali. Si tratta del romanzo di esordio di Jay Hardwig, insegnante statunitense specializzato in disabilità visive, che racconta con ironia e senza pietismo le emozioni, le paure e le conquiste di una ragazza cieca.

Nel 2014, dopo quasi vent’anni di insegnamento, iniziai a scrivere “Semplicemente Maria”. L’ho scritto perché volevo che esistesse un libro così. Avevo uno studente in quinta elementare di nome Sam, un topo di biblioteca, che aveva letto la metà dei libri presenti nel catalogo digitale per ciechi. Ho iniziato a cercare un romanzo che avesse un protagonista non vedente – che non fosse un depresso o un super eroe – e speravo di trovare un testo che esplorasse la diversità e la disabilità senza essere zuccheroso o retorico. Siccome non ne ho trovati, ho deciso di scriverlo io.

Semplicemente Maria, di Jay Hardwig, trad. di Sante Bandirali, Uovonero 2025

Maria è una ragazza cieca di 11 anni che sin dalle primissime pagine chiarisce al lettore la sua posizione. Lei non è magica, non ha superpoteri, non è fantastica nè soprannaturale. Nel corso del romanzo, Maria combatte la sua personale battaglia contro gli stereotipi e i comportamenti che la gente assume nei confronti delle persone cieche. Per aiutare il lettore in questa presa di coscienza, la protagonista ci svela la sua Top Ten Rogna-Carogna, una speciale classifica in cui elenca le cose più fastidiose dell’essere ciechi. Non sopporta le persone che la considerano fantastica o speciale, quelle che gridano con lei pensando che sia sorda, chi le rivolge un’attenzione eccessiva o chi prova pietà. In cima alla top ten c’è il gioco dell’indovina chi, quando qualcuno la invita a pronunciare il nome di chi ha davanti. Che dire poi degli OCNI, gli “oggetti cartacei non identificati”? In pratica, tutti i testi scritti che non sono tradotti in braille e che richiedono l’aiuto di qualcuno o del proprio smartphone per essere letti. Tutte queste situazioni invitano a riflettere sui nostri comportamenti e sul nostro approccio nei confronti della disabilità.

Vivere senza etichette

Nella Marble City Middle fa di tutto per “scomparire” dai radar della specialità, per apparire una studentessa tranquilla e dal buon rendimento scolastico. Niente stramberie o colpi di scena. Il suo intento è quello di eclissarsi all’interno della categoria della normalità, sebbene il suo bastone bianco, gli occhi di vetro e i libri pieni di bitorzoli non remino a suo favore in questa opera di depistaggio. Ma il fine ultimo di Maria è quello di rendersi appetibile agli occhi di gruppi di ragazze e ragazzi di cui vorrebbe far parte, da cui vorrebbe essere accettata per quello che è. Una ragazza come loro.

É proprio questo il problema. Io voglio piacerle. Io voglio essere nel suo gruppo, insieme a Kaitlyn, a Jasmine e a tutte le altre. Essere cool, popolare e tutto il resto, avere amici al mio tavolo ogni giorno a pranzo. Voglio dire, non mi aspetto di essere un’ape regina o altro, mi mi piacerebbe almeno far parte dell’alveare.

Maria vive un forte turbamento interiore, lei percepisce di essere “vista” come la ragazza cieca e vive tutto questo come una barriera relazionale. La sua caratteristica si impone agli occhi di chi la osserva e sembra far scomparire tutto il resto: la sua persona nella sua interezza. Lei vorrebbe essere esattamente come tutti gli altri. Forse proprio per questo, quando JJ le propone di fondare una Agenzia Investigativa Supereroica Ducrany, Maria si mostra dubbiosa.

JJ Munson è il Re degli Sfigati di Prima Media. Un ragazzo strano, un po’ pazzo che dice cose assurde e da cui vorrebbe tenersi alla larga perchè non brilla per popolarità. Rendere visibile a scuola il loro rapporto di amicizia, avrebbe potuto significare dire addio al desiderio di entrare nel gruppo più cool della scuola. Ma la proposta di JJ un po’ la stuzzica, in fondo le sfide proposte dall’amico potrebbero diventare per lei un modo per conquistare la tanto desiderata “normalità”, potrebbero aiutarla ad uscire dall’invisibilità che le conferisce il suo essere, agli occhi di tutti, una ragazza cieca. Allora Maria dice il suo sì. È pronta a mettere in scena se stessa, senza più temere il giudizio degli altri.

Fare zig dove gli altri fanno zag.

Sarà proprio JJ quindi a darle la possibilità di rompere gli schemi, le convezioni. Maria imparerà insieme al suo improbabile amico che non bisogna badare troppo ai giudizi altrui e che è bello lasciarsi andare, ma soprattutto nel corso del romanzo il rapporto con JJ costituirà per lei un’epifania.

Maria scoprirà come JJ sia l’unico a trattarla come una “persona vera”.

L’ho già detto: la maggior parte della gente mi vede come la ragazzi cieca. Non come Maria, non come la scienziata di prima media, non come una ragazzina che ha interessi di ogni tipo, le proprie idee, i propri entusiasmi. Semplicemente la ragazza cieca. Come se non fossi altro che un’etichetta.

Tutto questo, le farà comprendere come spesso anche lei sia caduta nella trappola dell’etichettamento. “Il mucchio degli Snob Popolari Pieni di sè. Il mucchio delle Ragazze Cattive. Il mucchio delle Persone Che Odio”. Le etichette ci semplificano le cose, ci danno un senso di ordine. Però, allo stesso tempo, rischiano di essere il principale ostacolo alla creazione di rapporti sinceri e profondi.

Semplicemente Maria è un romanzo brillante che affronta il tema delle relazioni e di come le categorie in cui incaselliamo gli altri possano influenzarle. Da un lato c’è il desiderio universale di essere visti per ciò che si è. Tutti interi. Dall’altro c’è la presa di consapevolezza di come, spesso, prendere una strada diversa da quella di tutti gli altri può diventare un modo per definirsi e per comprendere ciò che si vuole essere davvero.

La rappresentazione della disabilità

La storia di Maria nel suo dinaparsi ci pone dinanzi ad una grande verità cui dobbiamo fare i conti come società: la rappresentazione culturale e sociale della disabilità ha effetti e conseguenze capaci di modellare in maniera significativa la vita delle persone con disabilità. Non è retorico affermare come gli stereotipi negativi diffusi dai media abbiano rafforzato forme di pregiudizio e di discriminazione. Maria nel corso della narrazione, rende consapevole il lettore dei diversi ruoli in cui la società l’ha posizionata in quanto ragazza cieca. Dal pietismo alla retorica del supercrip che la vede come una ragazza magica, soprannaturale.

Niente superpoteri. Uno quello che ho per dare un significato a questo mondo, come fate voi. Non sono fantastica. Non sono soprannaturale. Sono semplicemente una ragazza. Una ragazza nata con dei tumori agli occhi.

Autonomia e orientamento come ricerca del proprio posto nel mondo

Quello che percorre Maria è anche un cammino verso una diversa consapevolezza di se stessa. In tutta la narrazione si avverte forte la tensione di Maria verso la conquista delle sue prime forme di autonomia. E se questo è un processo tipico della fase di sviluppo che Maria vive e che l’accomuna a tutti i suoi pari, il suo essere una persona cieca rende questo percorso ancora più difficoltoso. Spesso si assiste ad una visione manchevole che fatica a scorgere futuri possibili oltre l’attuale limite. Ci si ferma sempre al qui e ora, un pensiero che cristallizza le storie dei ragazzi e delle ragazze con disabilità “in uno spazio dedicato (i servizi) e in un tempo infantilizzato” (Medeghini, D’Alessio e Vadalà, 2013, p. 216).

Il più delle volte sono felice per la mia libertà, per la fiducia, per la possibilità di essere quella che ho bisogno di essere. Ho bisogno di spazio. Ho bisogno di spazio per crescere, per imparare, per cadere e per fallire, per urtare e barcollare, per crescere e per conquistare. Per diventare quella che sono destinata a diventare.

Le parole di Maria che chiudono il romanzo sono un vero e proprio manifesto programmatico. Maria rivendica con forza la sua agency senza dimenticare l’importanza, fin da piccoli, di allenarsi a tollerare le cadute e gli imprevisti, in una prospettiva che è capace di intrecciare capacità e fragilità, perchè di questi meticciamenti è fatta l’esistenza umana (Guerini, Sannipoli, 2024, p. 210).

Ma per percepirsi come attori della propria vita, proprio come lo è Maria, è necessario che venga alimentata nei ragazzi e nelle ragazze con disabilità la capacità di aspirare e di collocarsi in futuri possibili. Vanno individuati orizzonti sostenibili che non siano legati all’identità di categoria ma che facciano riferimento alla storia della persona che si ha la fortuna di accompagnare. Occorono dunque non conoscitori, ma insegnanti-cercatori:

Se si è cercatori si è capaci di meraviglia, ci si accorge che lo sguardo, l’attenzione, devono essere ricalibrati. Lo sguardo deve essere rivisitato e non solo a livello intellettuale ma anche emozionale e culturale (Bruner, 1971, 10).

Bibliografia
- AA.VV., a cura di Enrico Valtellina, Sulla disabilitazione. Introduzione ai Disability Studies, Utet Università, 2025
- I. Guarini, M. Sannipoli, Direzioni inclusive: l'orientamento come ricerca del proprio posto nel mondo, in Orientarsi nell'Orientamento, pag. 207-225
- R. Medeghini, E. Valtellin, S. D'Alessio, G. Valdalà, Disability studies. Emancipazione, inclusione scolastica e sociale, cittadinanza, Erikson, 2013
- A. Lascioli, L. Pasqualotto, Il piano educativo individualizzato su base ICF. Strumenti e prospettive per la scuola. Nuova edizione aggiornata ai modelli nazionali, Carocci Faber, 2021
- J. Bruner, Il significato dell'educazione, Armando, 1971

Mariapia Basile è fondatrice di Firmino, un progetto che nasce con l'intento di promuovere l'educazione alla lettura, l'inclusione, l'accessibilità e di diffondere la pratica della lettura condivisa ad alta voce. Insegnante di sostegno nella scuola superiore di secondo grado, esperta di letteratura giovanile e in lettura ad alta voce realizza incontri e corsi rivolti a genitori, educatori, insegnanti.