Una storia che andava necessariamente raccontanta all’interno del mio nuovo spazio Lettura e inclusione é quella di Addie, una ragazza di 11 anni, autistica, con una forte passione per gli squali, grande combattente e protagonista del libro Una specie di scintilla edito dai tipi di Uovonero.
Addie vive a Juniper, una piccola cittadina scozzese, insieme alla sua famiglia: mamma, papá, Nina e Keedie due sorelle gemelle che certo non potevano essere piú diverse. Nina ha lasciato gli studi e ora si impegna ogni giorno per realizzare il suo sogno di diventare influencer e Keedie, anch’essa autistica, che ormai grande frequenta l’università.
E una delle ambientazioni principali di questo romanzo é proprio la scuola, un luogo che dovrebbe accogliere e promuovere le differenze e invece diventa per Addie un terreno in cui scontrarsi ogni giorno affrontando i mille pregiudizi che la popolano. La sua piú grande antagonista é Miss Murphy, la sua insegnante, che non fa che umilarla e metterla in imbarazzo.
“Questa calligrafia é oltremodo vergognosa”. […]
“Una ragazza della tua etá dovrebbe saper scrivere meglio di cosí; la tua calligrafia é come quella di una bambina”
Il tutto poi é reso piú difficile da quando Jenna, quella che sembrava essere la sua amica, improvvisamente le ha voltato le spalle a favore di una nuova ragazza, Emily che nel corso del tempo non sprecherá occasione per provocarla e darle ulteriori noie. L’unico luogo della scuola in cui Addie sembra perfettamente a suo agio é la biblioteca. Lì domina il silenzio, l’ordine e poi c’é il signor Allison, il bibliotecario, l’unico ad averla realmente compresa.
Mi piace che non faccia mai domande noiose. Non mi chiede come sono andate le vacanze o come stanno le mie sorelle. Va subito dritto a parlare di libri.
Eh sì perché Addie é una ragazza molto curiosa che ama leggere. Leggere la rilassa ed é un tempo tutto suo in cui riesce a trovare il suo spazio, la sua dimensione. Nessuno che urla. Nessuno che le abbaia contro. Il grande punto di riferimento di Addie è, invece, sua sorella Keedie, l’unica persona da cui si lascia abbracciare. Non la stringe con forza, non ha un profumo che le provoca fastidio al naso. Anche Keedie é autistica ma è piú grande e per questo riesce ad aiutare Addie, ad esempio, a comprendere perché la sua grafia non risulti gradevole e del perché lei all’universitá usa un computer portatile che l’aiuta proprio con la scrittura.
La battaglia di Addie
Addie insomma sembra non avere una vita semplice, costretta sin da piccola a combattere i pregiudizi nei confronti della sua neurodiversitá ma proprio questa sua condizione le consentirá di vivere sulla sua pelle la storia di alcune donne di Juniper che vennero condannate a morte per il sol fatto di essere ritenute delle streghe. Addie percepirá in maniera cosí forte l’ingiustizia perpetrata nei confronti di queste donne che fará di tutto per convincere la sua comunitá, a tratti bigotta e perbenista, a erigere un memoriale cittadino che renda loro omaggio e al tempo stesso funga da monito per il presente: l’ignoranza e la paura nei confronti della diversitá possono avere effetti devastanti.
Per Addie non sará una impresa semplice, verrá trattata da ragazzina inetta e capricciosa, ma grazie al supporto di Keedie e di una nuova amica, Audrey, riuscirá a trovare la forza per portare avanti la sua battaglia con orgoglio e determinazione, rompendo gli schemi dei pregiudizi ormai radicati e mostrando a tutta la comunitá quanto la diversitá non sia pericolosa ma possa essere una cosa buona e arricchente. Vi riporto un breve stralcio dell’ultimo discorso che Addie fa alla sua comunitá riunita in consiglio:
Mi chiamo Addie. Ho undici anni e sono autistica. Questa cosa mi spaventa. E non me ne vergogno. Fa solo parte di quello che sono. Essere autistici non é diverso dall’essere mancini o daltonici. Significa che percepiamo il mondo in modo divero. E mentre alcune persone potrebbero interpretarlo male, io so che é solo parte di quella che sono. Non posso essere curata. Non voglio esserlo. É semplicemente un aspetto della mia vita. Tuttavia, secoli fa, le persone come me avrebbero affrontato enormi difficoltà. La gente allora avrebbe capito ancora meno di oggi. Essere diversi era pericoloso. Secoli fa una persona come me, avrebbe potuto essere accusata di essere una strega. Solo per il fatto di essere diversa.
Un grande esordio
Una specie di scintilla è il pluripremiato romanzo d’esordio della giovane scrittrice scozzese neurodivergente Elle McNicoll che sin dal suo primo giorno di uscita nel Regno Unito ha esaurito la tiratura. É stato nominato libro della settimana dal Times e dal Sunday Times, vincendo poi il Blue Peter Book Awars 2021. Qual é secondo me il grande pregio di questo romanzo? L’essere riuscito a raccontare l’autismo con grande cura e precisione, scardinando di fatto tutti i pregiudizi e i luoghi comuni che ancora oggi ruotano intorno a questa sindrome. Giá perché, come dice bene Addie, l’autismo non é una malattia, non si guarisce, é solo un modo diverso di percepire il mondo che ci circonda.
Io…sento le cose in modo piú intenso. I suoni, le immagini. Riesco a sentire senza sforzo la gente per strada. Riesco a vedere piccoli dettagli nelle cose. Cose che gli altri non vedono. Elaboro le cose in modo diverso. E a volte…mi è davvero difficile leggere le facce delle persone. Quando le facce non sono sincere, a volte non riesco a capirle.
L’autrice ci mostra perfettamente le percezioni sensoriali di Addie e di Keedie, le loro reazioni nei confronti della luce, degli odori, dei rumori, le loro attidutini, la loro intelligenza…la loro capacitá di stringere amicizie e di provare empatia. Ma al tempo stesso é una storia che svela le difficoltá che i neurodivergenti incontrano nella loro quotidianitá e il loro modo per affrontarle.
Il masking
Spesso sono costretti a dissimulare, a indossare una maschera per il grande desiderio, comune a tutti noi essere umani, di essere accettati ed evitare il dolore dello stigma.
L’autostimolazione é una cosa che faccio quando sono sovraccarica. Le mie mani di agitano e sfarfallano, i miei arti diventano irrequieti. A volte sento il bisogno di darmi una pacca sulla nuca. Ci puó essere una stimoalzione buona e una cattiva, ma il piú delle volte la devo nascondere. Il mascheramento é quando dobbiamo spacciarci per persone neurotipiche, per qualcuno che non é come noi. Dobbiamo ignorare il bisogno di autostimolazione, ci dobbiamo autosoffocare e dobbiamo avere un contatto oculare diretto. Keedie mi ha detto he é come quando i supereroi devono fingere di essere persone normali.
L’inclusione scolastica
Come ho giá avuto modo di specificare all’inizio, uno degli sfondi principali entro cui la narrazione si dipana é proprio la scuola e la lettura di alcuni passi della storia mi ha concesso alcune riflessioni in merito. L’Italia é forse uno dei pochi Stati in Europa che ha abbandonato da diversi decenni le classi e le scuole speciali a favore dell’inserimento e dell’integrazione dei bambini e delle bambine con disabilità nelle classi comuni. Era il 1977 e certo fu una scelta coraggiosa. Il nostro sistema scolastico negli anni è passato dal concetto di inserimento, a quello di integrazione a quello di inclusione. Non a caso primeggia in Europa. Ma cosa accade negli altri Stati?
Dai più recenti dati pubblicati dall’European Agency for Special Needs and Inclusive Education emerge come il grado di inclusione degli alunni con disabilità differisca da paese a paese, anche in misura ragguardevole. Relativamente al “sistema inclusivo” spicca l’Italia con una percentuale di alunni con disabilità inseriti in scuole speciali sul totale degli alunni con disabilità estremamente bassa, pari ad appena lo 0,8%. I dati considerati sono relativi alla scuola primaria e alla scuola secondaria di I grado.
I dati relativi ad altri paesi con un sistema di istruzione inclusivo, ad esempio Scozia, Islanda e Norvegia in cui la percentuale di alunni in scuole speciali o in classi speciali di scuole comuni è al di sotto del 10% ed è rispettivamente pari a 7,1%, 7,8% e al 7,9%. Diametralmente opposto è il sistema presente in altri paesi, quali ad esempio il Belgio e la Danimarca, in cui l’89% e il 95% degli alunni con disabilità frequenta scuole speciali o classi speciali di scuole comuni, e la Svizzera e i Paesi Bassi in cui addirittura la totalità degli alunni con disabilità è inserita in percorsi speciali separati dai loro colleghi non disabili (“sistema con distinzione”).
Francesco Macrí in https://francescomacri.wordpress.com/2018/05/18/alunni-con-disabilita-nei-sistemi-scolastici-europei/
In molti paesi europei esistono ancora le scuole speciali il cui ruolo, in termini di integrazione, è fortemente legato al sistema scolastico nazionale. Per un approfondimento del tema, rimando a questo interessante documento. Ma nel romanzo questo dato viene direttamente confermato dalle parole di Miss Murphy:
Ho problemi con lei fin dal primo giorno. Non dovrebbe essere nella mia classe. Non dovrebbe stare in questa scuola. Ha chiaramente bisogno di qualcuno che sia abituato a gestire ragazzi come lei. Ragazzi violenti. Non è adatta a una scuola normale.
Ecco, da insegnante di sostegno specializzata vorrei poter dare una possibilità a Miss Murphy. Sicuramente lei mostra in tutto il romanzo il suo non riuscire ad entrare in empatia con Addie, il suo non riuscire a comprenderne il funzionamento, ma ciò che posso dire con forza è che non basta una naturale predisposizione. Occorre che tutti gli insegnanti abbiano una adeguata formazione sulla gestione in classe dei bisogni educativi speciali. E credo che la soluzione adottata in Italia, ovvero della presenza in classe, accanto al docente curricolare, di un insegnante di sostegno sia stata davvero la chiave di volta per una corretta integrazione dei ragazzi con disabilità all’interno delle scuole ordinarie. E ancora una volta le parole di Miss Murphy ce lo confermano:
Ho altri trentatrè ragazzi a cui insegnare, e voi fate i capricci per ogni minima cosa. Non è giusto nei loro confronti. Non è giusto per me. Sono trent’anni che insegno. Ogni anno ho piú ragazzi che nel precedente. E sempre piú casi problematici come il tuo, che mi scaricano volentieri addosso senza alcun sostegno.
Qui Miss Murphy enuncia diverse problematiche: il sempre maggior numero di studenti per classe e l’assenza di sostegno. Direi che non si possono non condividere queste sue parole. Affinchè un sistema scolastico possa dirsi davvero inclusivo è necessario organizzare classi con un numero di studenti sostenibile, ma soprattutto occorre supportare con una formazione adeguata gli insegnanti al fine di renderli adeguati ad affrontare con consapevolezza la sfida inclusiva che una societá sempre piú complessa ci impone. E in questo senso che che l’idea di Ianes, ovvero quella di un cambio di paradigma che porti a riconfigurare l’insegnante di sostegno quale formatore, secondo un approccio di capacity building, di tutti i docenti curricolari possa essere davvero la strada giusta verso un sistema scolastico davvero inclusivo.
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